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Intervista a Mons. Hovsep Kelekian / Ora =?unknown?b?6CBwafk=?= diff

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    L'Opinione, Italia
    12 Ottobre 2007


    Intervista a Mons. Hovsep Kelekian / Ora è più difficile per i turchi
    negare il genocidio

    di Stefano Magni


    Prima uccisero i militari armeni. Li fucilarono in massa e spararono
    loro a tradimento, mentre combattevano nelle file dell'Impero
    Ottomano, all'inizio del 1915. Poi incominciarono ad attaccare i
    villaggi armeni in Anatolia, privati dei loro uomini in età di
    reclutamento e dunque rimasti pressoché indifesi. Infine la
    deportazione: lunghe file di donne, vecchi e bambini, costretti a
    marciare in condizioni inumane, attaccati da bande di predoni curdi,
    uccisi a migliaia dai soldati che avrebbero dovuto scortarli. Chi
    sopravvisse dovette subire i campi di concentramento, nel deserto,
    lontani dalla terra di origine, in Siria e in Mesopotamia. Così i
    Giovani Turchi, dalla primavera del 1915 sino alla resa dell'Impero
    Ottomano nel 1918, uccisero a sangue freddo 1 milione e mezzo gli
    Armeni. Eppure pochi vogliono ricordare quelle vittime. Adolf Hitler,
    nel 1939, dando inizio all'invasione della Polonia, ricorderà a quei
    gerarchi che lo invitavano a maggior prudenza: `D'altro canto, oggi
    chi parla più dell'annientamento degli Armeni?'. Anche oggi, nel
    2007, il genocidio armeno è un tema tabù, non solo in Turchia (dove
    proprio ieri è stato condannato per `Offesa all'identità nazionale'
    il giornalista Arat Dink), ma anche negli Stati Uniti. Sino a ieri,
    nella terra della libertà, lo sterminio di 90 anni fa non era
    commemorato ufficialmente, nonostante la presenza in territorio
    americano di una numerosa comunità armena (costituita in gran parte
    dai nipoti e figli dei profughi del 1915-18), l'impegno umanitario
    dell'allora ambasciatore statunitense a Istambul Henry Morgenthau e
    il progetto (non realizzato) del presidente Woodrow Wilson di far
    nascere una nazione armena indipendente dopo la resa dell'Impero
    Ottomano nel 1918. Ora la situazione è cambiata, con l'approvazione
    da parte del Congresso statunitense della Risoluzione H106, con cui
    si invita il Presidente a commemorare ufficialmente il genocidio
    nella data del 24 aprile e a condurre una politica estera volta alla
    prevenzione di futuri genocidi, pulizie etniche e grandi violazioni
    dei diritti umani. Ne abbiamo parlato con Mons. Hovsep Kelekian,
    Rettore del Pontificio Collegio Armeno.

    Mons. Kelekian, perché per l'omicidio di massa degli armeni iniziato
    nel 1915 è giusto usare la definizione `genocidio' e non `pulizia
    etnica' o `massacro'?
    Non è per il numero, che supera il milione e mezzo. Queste cifre le
    conosciamo, anche se vengono spesso negate. Fu un genocidio (e perché
    l'umanità sappia la verità occorre che la Turchia accetti l'uso di
    questo termine) perché il regime di allora voleva annientare
    fisicamente il popolo armeno nella sua interezza, senza lasciare
    superstiti. Questo è genocidio. Noi siamo convinti che quello fu il
    primo genocidio del XX secolo, al quale sono seguiti tutti gli altri.
    Si deve conoscere la verità storica del primo genocidio per capire
    tutti gli altri e per far sì che non se ne ripetano di nuovi. Se
    ancora oggi non si accetta questa storia è solo perché molti altri
    governi vogliono fare dei loro cittadini ciò che vogliono e restare
    impuniti.

    Quanto è importante questa risoluzione del Congresso Usa per la
    Comunità Armena?
    Questa risoluzione era attesa da tanti anni. E' veramente una grande
    realizzazione per la nostra Comunità, che la stava attendendo
    pazientemente. Molto probabilmente, se gli Americani hanno
    riconosciuto ufficialmente il genocidio, molti altri paesi seguiranno
    il loro esempio e faranno lo stesso. E questo mette in grande
    difficoltà la Turchia, che tuttora nega.

    Anche il presidente Reagan aveva parlato di `genocidio' nel 1981. Che
    cosa cambia dopo questo riconoscimento ufficiale?
    Questa presa di posizione del Congresso può cambiare molto per noi
    armeni. Gli Stati Uniti sono la principale potenza protettrice della
    Turchia. Questo passo rende finalmente giustizia alle vittime. Cosa
    succederà in seguito? Non lo si può sapere, perché dopo il Congresso
    c'è sempre il Senato e poi dovrà essere il Presidente ad accettare
    questa risoluzione.

    I Turchi continuano a negare. Ma in base a quali argomenti possono
    negare un genocidio di 90 anni fa, ormai ampiamente documentato?
    I Turchi hanno sempre voluto vedere in questi atti, commessi dal
    governo dei Giovani Turchi, un provvedimento contro l'aspirazione
    all'indipendenza di un popolo diverso dal loro. Allora avevano appena
    finito di perdere tutte le loro province nei Balcani e non volevano
    perdere altri territori. Per loro prevenire la disgregazione
    significa essenzialmente questo: affermare che non ci sono altre
    nazioni al di fuori di quella turca. Questa era la motivazione
    principale del genocidio. Oggi, evidentemente, i Turchi devono negare
    questo episodio perché delegittimerebbe la loro storia, che è sempre
    la storia della nazione turca.
    Oggi però c'è un governo che si è sempre presentato come
    un'alternativa ai nazionalisti. Si può dire che sia discendente dal
    regime dei Giovani Turchi?
    Non è il discendente diretto, ma non accettando per principio che il
    genocidio è stato realmente commesso, anche questo governo turco sta
    di fatto rivendicando la sua filiazione al vecchio regime. Perché?
    Cosa lega la Turchia di oggi all'allora Impero Ottomano? Oggi la
    repubblica turca dovrebbe essere libera da un pezzo da queste idee,
    dovrebbe essere molto più democratica. Invece continua a fare sempre
    gli stessi errori.

    Alla luce di questa levata di scudi ad Ankara, secondo Lei la Turchia
    è più vicina o più lontana all'Europa?
    A questo punto è sempre più lontana. Ma non è un discorso facile.
    Nella stessa Turchia sono sempre di più coloro che pensano che non si
    possa continuare così, mantenendo intatta la vecchia ideologia e
    manipolando la realtà. Io credo che adesso stia crescendo una nuova
    coscienza turca. Studiando la storia in modo più obiettivo, sano,
    anche i Turchi potranno un giorno sentirsi veramente europei.
    Dovranno anch'essi fare il loro mea culpa, come tanti altri popoli
    hanno già fatto.

    http://www.opinione.it/pages.php?dir=naz&a mp;act=art&edi=221&id_art=6876&aa07
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