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"Genocidio" armeno? No, o scoppia l'Iraq

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    Il Manifesto, Italia
    12 Ottobre 2007


    «Genocidio» armeno? No, o scoppia l'Iraq
    Orsola Casagrande


    Lo si potrebbe chiamare voto di scambio. Quello che ieri il
    segretario di stato americano Condoleezza Rice, prima, e lo stesso
    presidente George W Bush, poi, hanno dichiarato sulla risoluzione
    all'esame del Congresso che riconosce il genocidio degli armeni in
    Turchia, è sostanzialmente una richiesta di baratto. Approvare quella
    risoluzione, ha detto la Rice, «potrebbe creare problemi» agli sforzi
    degli Stati Uniti di stabilizzare il Medio Oriente.
    Per Rice il rischio, se la risoluzione verrà approvata, è quello di
    destabilizzare ulteriormente la regione. Bush, chiedendo ai membri
    del Congresso di respingere la risoluzione, ha detto che «approvarla
    provocherebbe gravi danni» alle relazioni già teste tra Ankara e
    Washington. La Turchia, secondo esercito della Nato e uno dei due
    (l'altro è Israele) alleati di ferro degli Usa, attraversa una crisi
    pesante nei suoi rapporti con gli americani.
    Già nel 2003, quando fu decisa l'invasione dell'Iraq, Ankara voltò le
    spalle agli alleati votando in parlamento il rifiuto a concedere le
    proprie basi agli aerei e ai militari della coalizione dei
    volenterosi. Da allora un lento e complesso lavoro diplomatico è
    riuscito a ricucire in parte lo strappo. Ma la situazione in nord
    Iraq, dove l'idea di un Kurdistan autonomo è per la Turchia un
    anatema e per gli americani l'unica possibilità di mantenere almeno
    quel pezzo di Iraq più o meno pacificato, ha nuovamente teso la
    corda.
    Che rischia di spezzarsi sui continui avvertimenti di Washington
    all'alleato che preme per entrare in Iraq, ufficialmente per dare il
    colpo di grazia ai guerriglieri kurdi del Pkk. Dopo l'ennesimo
    scontro tra militari e guerriglia, a farne le spese del quale sono
    stati 13 soldati, le forze armate hanno chiesto e ottenuto dal
    governo di Recep Tayyip Erdogan il via libera ad usare qualunque
    mezzo necessario, comprese le azioni militari oltre confine, per
    contrastare il Pkk. Gli Usa hanno reagito: un intervento armato della
    Turchia rischierebbe di compromettere la fragile stabilità nel nord
    dell'Iraq.
    Non è un mistero infatti che Ankara abbia già in passato alzato la
    voce con gli alleati americani proprio sugli armeni. La Turchia, che
    in una sorta di rimozione storica collettiva, nega il genocidio e
    sostanzialmente anche il massacro degli armeni nel 1915 (un milione e
    mezzo di persone, secondo le stime ufficiali), ha minacciato
    ritorsioni se tale risoluzione fosse stata approvata. E non è un caso
    che il ministro della difesa Robert Gates, al fianco di Condoleezza
    Rice, abbia voluto precisare che proprio dai comandanti militari di
    stanza in Iraq arriva la preoccupazione per le possibili
    ripercussioni che tale risoluzione potrebbe causare. Circa il 70% dei
    trasporti cargo aerei diretti in Iraq, ha ricordato Gates, transitano
    proprio dalla Turchia.
    Più esplicito ancora il presidente Bush. «Sollecito - ha detto - i
    membri del Congresso a opporsi alla risoluzione sul genocidio degli
    armeni all'esame della Commissione esteri». Bush ha aggiunto: «Siamo
    tutti profondamente spiacenti per le tragiche sofferenze del popolo
    armeno, cominciate nel 1915, ma questa risoluzione non è la risposta
    giusta a questo massacro storico e la sua approvazione causerebbe un
    grande danno alle nostre relazioni con un alleato chiave nella Nato e
    nella guerra globale al terrorismo».

    http://www.ilmanifesto.it/Quoti diano-archivio/11-Ottobre-2007/art51.html
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