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Unicef, le riforme sociali in Armenia e l'equità delle politiche sui

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    La Repubblica, Italia
    10 febbraio 2012

    Unicef, le riforme sociali in Armenia e l'equità delle politiche sui bambini


    Qui i più poveri sono tra i poveri. L'esperienza dell'Agenzia delle
    Nazioni Unite nel paese dell'Asia occidentale (a medio reddito) dove
    il lavoro degli operatori concentra l'attenzione su interventi che
    garantiscano parità di accesso ai servizi sociali. Relazioni dirette
    con il governo su programmazione finanziaria e trasparenzadi

    CHIARA LUTI

    ROMA - Non è una novità che siano sempre i bambini, in ogni parte del
    mondo, a pagare il prezzo più alto della povertà. Ma se il paese in
    cui si trovano è uno di quelli considerati "a medio reddito" dalla
    comunità internazionale, quel prezzo assume anche un altro
    significato: quello della laconicità di certe definizioni, che poco o
    niente rivelano della qualità della vita e dell'accesso a servizi
    essenziali come la cura, l'educazione, la salute. L'Armenia è,
    appunto, un paese "a medio reddito"; segnata da una condizione di
    conflitto latente (si pensi alla situazione di "guerra fredda"
    permanente con l'Azerbaijan per il controllo del territorio del
    Nagorno Karabakh), ha visto in realtà, nel corso degli anni che sono
    seguiti all'indipendenza del 1992, un drastico declino economico e il
    deteriorarsi delle infrastrutture sociali. Il PIL pro-capite è di
    3.000 dollari l'anno (circa un decimo di quello italiano), e la
    crescita esponenziale della diseguaglianza tra una piccola élite
    coinvolta in affari e politica e il resto della popolazione - che in
    molte aree del paese vive in estrema povertà - getta la sua ombra
    lunga sulle vite dei bambini.

    Lo sa bene l'UNICEF 1. Che è presente nel paese da diversi anni, che
    avverte come siano proprio loro, qui, la categoria più vulnerabile,
    nonostante una cultura fortemente tradizionale, che vede la famiglia
    come elemento determinante
    nell'organizzazione sociale. L'indice di povertà per il 2010 raggiunge
    il 38% della popolazione, e il 41% dei bambini; tra le famiglie con
    quattro figli o più, la povertà riguarda il 70%. La situazione si fa
    allarmante se si prende in esame i bambini disabili, che sono più
    della metà dei 5.000 ancora ospitati in istituti residenziali: per
    loro non c'è molta scelta: sono costretti, nel migliore dei casi, a
    frequentare scuole "speciali", anch'esse per la maggior parte
    residenziali perché concentrate solo in alcune aree del territorio, in
    particolare nella capitale, Yerevan.

    La de-istituzionalizzazione. Lo sforzo di Unicef è quello di
    indirizzare le riforme delle politiche sociali in una prospettiva di
    progressiva de-istituzionalizzazione. "È un settore di recente
    espansione per l'UNICEF 2, rispetto alle tradizionali aree di nostra
    competenza: sanità e nutrizione, educazione, protezione dei bambini da
    violenza e abuso", osserva Cristina Roccella, dal 2009 coordinatrice
    del programma Unicef in Armenia. "Negli ultimi anni, la nostra
    attenzione si è concentrata sempre di più su interventi che
    garantiscano soprattutto una maggiore equità di accesso ai servizi
    sociali, con un avvicinamento ai settori della popolazione più poveri
    e marginalizzati, attraverso un lavoro "mainstreaming" che - a
    differenza di quel che fanno le Ong - si caratterizza per una
    relazione diretta e costante con il governo e altre controparti, su
    questioni direttamente legate alla programmazione finanziaria, alla
    trasparenza del budget nei settori che riguardano il benessere di
    bambini e famiglie, e la protezione sociale più in generale".

    La mancanza degli assistenti sociali. Nel 2010 il ministero del lavoro
    armeno ha presentato un progetto di riforma dei servizi sociali,
    ispirato dalle linee guida del Consiglio d'Europa, al quale l'Unicef
    ha aderito con entusiasmo, nella convinzione che il maggiore elemento
    di debolezza dei servizi di protezione sociale armeno consistesse
    nella mancanza di una figura professionale di centrale importanza:
    quella dell'assistente sociale. "In risposta alla richiesta del
    ministero di aiutarli nel definire un modello di servizi sociali
    integrati per l'Armenia, e di formare il personale da coinvolgere",
    ricorda Roccella, "mi sono rivolta a EducAid 3, una Onlus di Rimini
    che promuove una formula di intervento che riassume l'essenza della
    cooperazione internazionale: il coinvolgimento di operatori di servizi
    di diversi paesi in uno scambio "alla pari" sulle loro esperienze
    professionali. In Armenia, EducAid ha coinvolto manager e operatori
    dei servizi sociali di Imola, che hanno realizzato seminari con
    dirigenti, amministratori regionali e con operatori dei servizi
    territoriali".

    Obiettivo: l'autonomia della famiglia. "Volevamo avviare una
    sperimentazione che, invece di concentrarsi sulla prestazione di un
    servizio predefinito, privilegiasse l'analisi dei bisogni delle
    persone, ed il coinvolgimento di tutte le risorse possibili, formali e
    informali, nella definizione di un progetto di supporto alla famiglia,
    con l'obiettivo finale di una ritrovata autonomia della famiglia
    stessa". Una condivisione che secondo la rappresentante dell'Unicef
    "ha consentito agli operatori armeni di comprendere sempre di più un
    approccio che ribalta i parametri della relazione d'aiuto e permette
    di ottenere risultati senza investimenti aggiuntivi".

    I risultati ottenuti. Un lavoro che sta dando i suoi frutti: in
    Armenia sono aumentati i servizi di assistenza sanitaria neonatale e
    di assistenza sanitaria primaria e secondaria all'infanzia; è iniziato
    un processo di apertura all'educazione inclusiva, che consente aanche
    a bambini disabili di frequentare la scuola assieme a tutti gli altri;
    è stato ridotto il numero di bambini rinchiusi in istituto, mentre
    crescono servizi comunitari di assistenza a minori e famiglie, che
    coinvolgono spesso Ong locali. Ci sono adesso 63 scuole inclusive dove
    sono iscritti 1700 bambini con disabilità. È inoltre aumentata la
    produzione di dati sulla condizione infantile, con particolare
    attenzione ai livelli di povertà.

    "Ma i bambini non votano". Avverte Roccella: "Non hanno voce in
    capitolo, ed è per questo che la promozione dei loro diritti, compreso
    quello di crescere in un ambiente familiare anche in assenza della
    famiglia biologica, è un lavoro continuo, che va rafforzato per
    evitare il calo di attenzione di politici e amministratori. Noi
    cerchiamo di essere i loro sostenitori, i loro "avvocati" nel
    significato inglese - advocate - del termine. Dobbiamo più in generale
    renderci conto che i progressi nel welfare riguardano gli strati più
    alti della popolazione, e non i gruppi più marginalizzati. Non a
    caso, l'acronimo usato per indicare gli Obiettivi del Millennio 4
    (MDG) viene spesso usato per un'altra espressione: Mind the
    Development Gap, ovvero, con una traduzione un po' forzata,
    "attenzione ai buchi (o ai vuoti) dello sviluppo". Vuoti nei quali
    troppo spesso scorre la vita dei bambini".

    http://www.repubblica.it/solidarieta/cooperazione/2012/02/10/news/unicef_armenia-29660108/

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